Avarizia e prodigalità
L’avarizia greed l’avidità, la brama di guadagno materiale is è una delle iniquità che più incorre nell’ira sprezzante di Dante. Coerente con il detto biblico che l’avarizia è “la radice di tutti i mali” (1 Timoteo 6:10), pensiero cristiano medievale visto il peccato come più offensivo per lo spirito di amore; Dante va anche oltre nel incolpare avarizia per la corruzione etica e politica nella sua società. Ciacco identifica l’avarizia – insieme all’orgoglio e all’invidia – come uno dei vizi primari che infiammano i cuori fiorentini (Inf. 6.74-5), e il poeta condanna costantemente avidità e dei suoi effetti in tutta la Divina Commedia. Dante di conseguenza non mostra pietà-a differenza del suo atteggiamento verso Francesca (lussuria) e Ciacco (gola) – nella sua scelta di avarizia come il peccato capitale punito nel quarto cerchio dell’inferno (Inferno 7). Egli presenta brutalmente il peccato come un vizio comune di monaci e capi della chiesa (tra cui cardinali e papi), e ha ulteriormente degrada i peccatori, rendendoli così fisicamente squallido che sono irriconoscibili per i viaggiatori (Inf. 7.49-54). Definendo il peccato come “spesa senza misura” (7.42), Dante applica per la prima volta il principio classico della moderazione (o del “mezzo aureo”) per criticare il desiderio eccessivo di un oggetto neutro sia in una direzione (“pugni chiusi”: avarizia) che nell’altra (spendere troppo liberamente: prodigalità). Opportunamente, questi due gruppi si puniscono e si insultano a vicenda nell’aldilà.
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Plutus
Il Plutone di Dante, guardiano-simbolo del quarto cerchio (avarizia e prodigalità), è-come altre creature infernali-un ibrido unico di fonti e nature. Spesso raffigurato come il dio mitologico degli inferi classici (Ade), Plutus appare anche in alcuni casi come il dio della ricchezza. Dante fonde ordinatamente queste due figure facendo di Plutone il “grande nemico” (Inf. 6.115) all’inferno con una relazione speciale con il peccato più strettamente associato alla ricchezza materiale. Dante similmente combina natura umana e bestiale nella sua concezione di Plutone (Inf. 7.1-15): possiede il potere della parola (anche se il significato preciso delle sue parole-una sorta di invocazione a Satana-non è chiaro) e la capacità di comprendere-o almeno reagire-le parole sprezzanti di Virgilio, mentre allo stesso tempo mostra una rabbia distintamente bestiale e probabilmente anche caratteristiche animali.
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Fortuna
Coerente con la sua devastante accusa di atteggiamenti peccaminosi nei confronti della ricchezza materiale, Dante ha un’idea molto forte e originale del ruolo della fortuna negli affari umani (Inf. 7.61-96). La fortuna è certamente una forza potente nella filosofia e nella letteratura precedenti, in particolare nella Consolazione della filosofia di Boezio. Dante afferma di aver letto quest’opera latina, che ebbe grande influenza per tutto il Medioevo, nel difficile periodo successivo alla morte della sua amata Beatrice. La fortuna, per Boezio, è rappresentata come una dea volubile e maliziosa che si diletta nella sua capacità di cambiare le circostanze di un individuo-nel bene o nel male-per un capriccio. È molto più costruttivo, secondo Boezio (che è stato ingiustamente privato dei suoi beni, onori e libertà), ignorare del tutto lo stato terreno e fidarsi solo di ciò che è certo e immutabile. La fortuna avversa è in definitiva migliore della fortuna perché è più efficace nell’insegnare questa lezione.
Anche la Fortuna di Dante è femminile, ma la immagina come una “divina ministra” (intelligenza angelica) che guida la distribuzione dei beni terreni, così come la luce e la bontà di Dio sono distribuite in tutto l’universo creato. È al di sopra della mischia, immune sia alla lode che alla colpa da parte di coloro che sperimentano gli alti e bassi delle sue azioni. Come Dante “demonizza” le creature mitologiche del mondo sotterraneo classico, così egli “divinizza” in senso positivo la rappresentazione tradizionale della fortuna. Le vie della fortuna, come l’applicazione della giustizia divina in generale, sono semplicemente al di là della capacità di comprensione umana.
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Audio
Inferno di Dante-Cerchio 4-Canto 7
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