Panoramica
Stato epilettico è diviso in 2 sottogruppi principali: stato convulsivo e non convulsivo epilettico. Lo stato epilettico non convulsivo è usato per descrivere il gruppo di convulsioni che sono caratterizzate da attività convulsiva elettrografica su EEG associata a movimenti motori minimi o nulli, tipicamente con alterazione associata della consapevolezza (dal vagare al coma). In questo articolo, gli autori descrivono il pensiero attuale e le controversie che circondano la definizione e la classificazione e le difficoltà nella diagnosi dello stato epilettico non convulsivo. Gli autori forniscono anche un quadro di trattamento basato sulla letteratura attuale.
Punti chiave
• Lo stato epilettico non convulsivo è uno stato di sequestro in corso o attività di sequestro intermittente con movimenti motori minimi o nulli e alterazione della coscienza. |
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• Lo stato epilettico non convulsivo si verifica sia nei pazienti ambulatoriali con epilessia che nei pazienti critici, specialmente quelli con lesione cerebrale acuta. |
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• Lo stato epilettico non convulsivo ambulatoriale (ad esempio, assenza di stato epilettico non convulsivo, stato epilettico focale con o senza consapevolezza compromessa) porta un risultato migliore rispetto allo stato epilettico non convulsivo che si evolve dallo stato epilettico convulsivo sottile e dallo stato epilettico non convulsivo in pazienti critici. |
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• Non vi è consenso sulla migliore strategia di trattamento per lo stato epilettico non convulsivo e la maggior parte delle raccomandazioni sono estrapolate da studi sullo stato epilettico convulsivo. |
Nota storica e terminologia
In forse la prima descrizione di epilessia con persistente coscienza alterata, Trousseau nel 1868 ha osservato che ripetuti attacchi petit mal potrebbero verificarsi così frequentemente che un attacco sarebbe diventato confuso con il prossimo, simulando un attacco continuo che potrebbe persistere per giorni. Il termine “status epilepticus” (“etat de mal”) è stato coniato nel 1824 (Neligan e Shorvon 2009). L’idea che le convulsioni potessero assumere una forma prolungata e non convulsiva fu evidenziata da Bourneville che, nel 1878, descrisse 2 forme di stato epilettico: convulsivo e meningitico. Lo stato meningitico epilettico è caratterizzato da convulsioni sottili o assenti, coma e anomalie autonomiche. Queste descrizioni avrebbero potuto costituire uno stato epilettico non convulsivo, ma la prima diagnosi elettroclinica avvenne nel 1945 quando Lennox diagnosticò lo stato di assenza epilettico con EEG correlato a suo cugino. Nove anni dopo, Penfield e Jasper descrissero lo stato focale epilettico con consapevolezza intatta, aura continua, in un paziente che soffriva di formicolio continuo al piede sinistro, e nel 1958 Gastaut pubblicò il primo caso di stato focale epilettico con consapevolezza alterata (Drislane e Kaplan 2008).
Lo stato epilettico non convulsivo è stato inizialmente descritto in pazienti ambulatoriali con epilessia cronica, ma con l’evoluzione della tecnologia EEG è diventato evidente che lo stato epilettico non convulsivo è comune tra i pazienti ospedalizzati, in particolare i pazienti critici con stato mentale alterato inspiegabile. L’idea che le convulsioni elettrografiche possano manifestarsi frequentemente solo come coma nei pazienti ospedalizzati è diventata evidente in quelli che si presentano con stato epilettico convulsivo. Nel 1984, Treiman e colleghi dell’UCLA coniarono il termine “stato sottile epilettico” per descrivere lo stadio tardivo “bruciato” dello stato convulsivo generalizzato epilettico come costituito da “nistagmo, lampeggio degli occhi e/o movimenti motori lievi with con marcata compromissione della coscienza e schemi ictali continui o quasi continui, di solito bilaterali, sull’EEG” (Treiman 1984). Hanno anche notato che alcuni pazienti con questa forma di stato epilettico non convulsivo potrebbero aver avuto solo una convulsione isolata (piuttosto che uno stato epilettico convulsivo) o potrebbero non aver mai avuto una convulsione riconosciuta (Treiman 1995). Autori successivi hanno fatto riferimento a questo fenomeno come status epilepticus terminans (Foreman e Hirsch 2012) per distinguerlo da altre forme di stato epilettico non convulsivo con manifestazioni cliniche poco o nessuna antecedente. L’uso diffuso dell’EEG digitale e il monitoraggio prolungato dell’EEG ha reso evidente che lo stato epilettico non convulsivo senza precedente attività convulsiva è la forma più comune di stato epilettico non convulsivo nei pazienti ospedalizzati, in particolare nei bambini e negli adulti con lesioni cerebrali acute e nei pazienti con gravi malattie sistemiche, come la sepsi (DeLorenzo et al 1998; Drislane 2000; Abend et al 2013; Abend 2015).
Inizialmente, lo stato epilettico non convulsivo è stato definito come uno stato in corso di crisi convulsive o convulsioni non convulsive multiple senza ritorno al basale per almeno 30 minuti (Sutter et al 2016). Un gruppo di lavoro di consenso ha raffinato la definizione per spiegare l’eziologia eterogenea, la fenomenologia e la prognosi dello stato epilettico non convulsivo (Trinka et al 2015). Questa definizione incorpora elementi di tempo (chiamati T1 e T2) e 4 assi aggiuntivi (semiologia, eziologia, EEG correlato ed età). T1 indica quando le convulsioni devono essere trattate in modo acuto (ad esempio, 10 minuti per lo stato focale epilettico con ridotta consapevolezza e da 10 a 15 minuti per lo stato di assenza epilettico), e T2 indica il momento in cui aumenta la probabilità di lesioni neuronali permanenti e può essere giustificata una terapia più aggressiva (più di 60 minuti per lo stato focale epilettico con ridotta consapevolezza e sconosciuto per lo stato di assenza epilettico). Tuttavia, questa proposta non tiene conto delle differenze legate all’età nell’insorgenza di T2, in cui prove sperimentali e dati dello studio FEBSTAT suggeriscono che il cervello immaturo ha meno probabilità di sviluppare lesioni permanenti rispetto al cervello adulto (Lewis et al 2014; Molinero et al 2020).